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“PIU’ ARMI PIU’ LAVORO? UNA FALSA TESI”. ITALIA TRA I MAGGIORI ESPORTATORI DI ARMI SU SCALA PLANETARIA

 
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Si è svolta giovedi 11 luglio presso la sala stampa di Montecitorio una conferenza stampa per illustrare un primo documento promosso dal Laboratorio permanente sulla politica industriale di pace in Italia, di cui fanno parte Centro studi Sereno Regis, Economia Disarmata Focolari Italia, Comitato riconversione Rwm, Pastorale Sociale Piemonte e Valle d’Aosta, Archivio Disarmo, Centro Studi Pax Christi, The Weapon Watch – Osservatorio sulle armi nei porti europei e del Mediterraneo, Fondazione Finanza Etica, Rete italiana Pace e Disarmo.

“Nello scenario sempre più inquietante della guerra mondiale a pezzi l’Italia si colloca tra i primi esportatori di armi su scala planetaria come esito di una scelta di politica economica e industriale condivisa trasversalmente dalle coalizioni dei partiti che si sono alternati al governo del nostro Paese negli ultimi decenni. Leonardo, già Finmeccanica, società controllata dal capitale pubblico, è il perno di questa strategia di lungo periodo che ha portato a dismettere asset industriali rilevanti in campo civile, in termini di livelli occupazionali e innovazione tecnologica, a favore del settore della Difesa grazie anche alle scappatoie usate per aggirare la legge 185/90 che pone limiti alla produzione e invio di armi nei Paesi in guerra e/o che violano i diritti umani. Il recente caso della cessione da parte di Leonardo del capitale di controllo di Industria italiana autobus dimostra la volontà di concentrare le risorse nell’ambito degli armamenti a discapito della filiera del trasporto pubblico e privato che sarà sempre più decisivo per la transizione ecologica”.

Gianni Alioti di Weapon Watch ha sottolineato come l’Italia ha perso negli ultimi anni il controllo di imprese d’avanguardia, ad esempio nel settore ferroviario sempre a favore del comparto della Difesa regolarmente promosso nelle grandi Expo di armi come il recente World Defense Show che si è tenuto in Arabia Saudita lo scorso febbraio 2024.

La stessa legge 185/90, approvata per dare applicazione all’articolo 11 della Costituzione, è – come ha dichiarato Chiara Bonaiuti di Ires Toscana – sotto l’attacco di una riforma in via di approvazione che mira essenzialmente a svuotarne l’efficacia impedendo, tra l’altro, la conoscibilità del coinvolgimento delle banche nel finanziamento e sostegno alle imprese delle armi.

Già nel maggio 2023, – ha fatto invece notare Cinzia Guaita del Comitato riconversione Rwm– l’attuale governo ha rimosso il bando imposto nel 2020 all’esportazione di missili e bombe prodotte dalla Rwm in Italia e dirette in Arabia Saudita (uno dei maggiori Paesi importatori di sistemi d’arma) per “l’attenuazione del rischio” di utilizzo sulla popolazione civile nel conflitto dimenticato in Yemen.

La stessa legge 185/90 prevede un fondo per la riconversione industriale dal bellico al civile che non è mai stato finanziato per evidente opposizione del complesso militar industriale che ora è al centro del clima di corsa agli armamenti – ha detto Maurizio Simoncelli di Iriad- anche nell’Unione Europea che già da sola, cioè senza la Gran Bretagna, spende per la “difesa” il triplo della Russia. L’Italia si è impegnata, come ribadito nel vertice Nato di Washington, a raggiungere il 2% del Pil in spesa militare, come chiesto dall’Alleanza atlantica», chiedendo l’esclusione di tali cifre dai limiti imposti dal patto di stabilità ristabilito nell’Europa post pandemia e che inciderà, invece, sui mancati finanziamenti per spese sociali, scuola e sanità pubblica.

L’assuefazione dell’opinione pubblica verso l’inevitabilità di tali scelte si spiega, secondo Carlo Cefaloni di Economia Disarmata, «con l’egemonia della cultura della guerra diffusa dai principali media che ridicolizzano, osteggiano e ignorano le voci competenti di chi, come ad esempio Rete Italiana Pace e Disarmo, cerca di opporsi alla deriva del “sonnambulismo” delle coscienze, sperimentato in altre epoche della storia recente, che rischia sempre di più di precipitare il nostro Paese, l’Europa e il mondo interno sul piano inclinato della guerra senza ritorno nell’era della possibile mezzanotte nucleare».

Audio integrale della conferenza stampa Ascolta o scarica

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Si è svolta giovedi 11 luglio presso la sala stampa di Montecitorio una conferenza stampa per illustrare un primo documento promosso dal Laboratorio permanente sulla politica industriale di pace in Italia, di cui fanno parte Centro studi Sereno Regis, Economia Disarmata Focolari Italia, Comitato riconversione Rwm, Pastorale Sociale Piemonte e Valle d’Aosta, Archivio Disarmo, Centro Studi Pax Christi, The Weapon Watch – Osservatorio sulle armi nei porti europei e del Mediterraneo, Fondazione Finanza Etica, Rete italiana Pace e Disarmo.

“Nello scenario sempre più inquietante della guerra mondiale a pezzi l’Italia si colloca tra i primi esportatori di armi su scala planetaria come esito di una scelta di politica economica e industriale condivisa trasversalmente dalle coalizioni dei partiti che si sono alternati al governo del nostro Paese negli ultimi decenni. Leonardo, già Finmeccanica, società controllata dal capitale pubblico, è il perno di questa strategia di lungo periodo che ha portato a dismettere asset industriali rilevanti in campo civile, in termini di livelli occupazionali e innovazione tecnologica, a favore del settore della Difesa grazie anche alle scappatoie usate per aggirare la legge 185/90 che pone limiti alla produzione e invio di armi nei Paesi in guerra e/o che violano i diritti umani. Il recente caso della cessione da parte di Leonardo del capitale di controllo di Industria italiana autobus dimostra la volontà di concentrare le risorse nell’ambito degli armamenti a discapito della filiera del trasporto pubblico e privato che sarà sempre più decisivo per la transizione ecologica”.

Gianni Alioti di Weapon Watch ha sottolineato come l’Italia ha perso negli ultimi anni il controllo di imprese d’avanguardia, ad esempio nel settore ferroviario sempre a favore del comparto della Difesa regolarmente promosso nelle grandi Expo di armi come il recente World Defense Show che si è tenuto in Arabia Saudita lo scorso febbraio 2024.

La stessa legge 185/90, approvata per dare applicazione all’articolo 11 della Costituzione, è – come ha dichiarato Chiara Bonaiuti di Ires Toscana – sotto l’attacco di una riforma in via di approvazione che mira essenzialmente a svuotarne l’efficacia impedendo, tra l’altro, la conoscibilità del coinvolgimento delle banche nel finanziamento e sostegno alle imprese delle armi.

Già nel maggio 2023, – ha fatto invece notare Cinzia Guaita del Comitato riconversione Rwm– l’attuale governo ha rimosso il bando imposto nel 2020 all’esportazione di missili e bombe prodotte dalla Rwm in Italia e dirette in Arabia Saudita (uno dei maggiori Paesi importatori di sistemi d’arma) per “l’attenuazione del rischio” di utilizzo sulla popolazione civile nel conflitto dimenticato in Yemen.

La stessa legge 185/90 prevede un fondo per la riconversione industriale dal bellico al civile che non è mai stato finanziato per evidente opposizione del complesso militar industriale che ora è al centro del clima di corsa agli armamenti – ha detto Maurizio Simoncelli di Iriad- anche nell’Unione Europea che già da sola, cioè senza la Gran Bretagna, spende per la “difesa” il triplo della Russia. L’Italia si è impegnata, come ribadito nel vertice Nato di Washington, a raggiungere il 2% del Pil in spesa militare, come chiesto dall’Alleanza atlantica», chiedendo l’esclusione di tali cifre dai limiti imposti dal patto di stabilità ristabilito nell’Europa post pandemia e che inciderà, invece, sui mancati finanziamenti per spese sociali, scuola e sanità pubblica.

L’assuefazione dell’opinione pubblica verso l’inevitabilità di tali scelte si spiega, secondo Carlo Cefaloni di Economia Disarmata, «con l’egemonia della cultura della guerra diffusa dai principali media che ridicolizzano, osteggiano e ignorano le voci competenti di chi, come ad esempio Rete Italiana Pace e Disarmo, cerca di opporsi alla deriva del “sonnambulismo” delle coscienze, sperimentato in altre epoche della storia recente, che rischia sempre di più di precipitare il nostro Paese, l’Europa e il mondo interno sul piano inclinato della guerra senza ritorno nell’era della possibile mezzanotte nucleare».

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