Host Francesca Amiker sits down with directors Joe and Anthony Russo, producer Angela Russo-Otstot, stars Millie Bobby Brown and Chris Pratt, and more to uncover how family was the key to building the emotional core of The Electric State . From the Russos’ own experiences growing up in a large Italian family to the film’s central relationship between Michelle and her robot brother Kid Cosmo, family relationships both on and off of the set were the key to bringing The Electric State to life. Listen to more from Netflix Podcasts . State Secrets: Inside the Making of The Electric State is produced by Netflix and Treefort Media.…
In quel tempo, Gesù partì [dalla Samarìa] per la Galilea. Gesù stesso infatti aveva dichiarato che un profeta non riceve onore nella propria patria. Quando dunque giunse in Galilea, i Galilei lo accolsero, perché avevano visto tutto quello che aveva fatto a Gerusalemme, durante la festa; anch'essi infatti erano andati alla festa. Andò dunque di nuovo a Cana di Galilea, dove aveva cambiato l'acqua in vino. Vi era un funzionario del re, che aveva un figlio malato a Cafàrnao. Costui, udito che Gesù era venuto dalla Giudea in Galilea, si recò da lui e gli chiedeva di scendere a guarire suo figlio, perché stava per morire. Gesù gli disse: «Se non vedete segni e prodigi, voi non credete». Il funzionario del re gli disse: «Signore, scendi prima che il mio bambino muoia». Gesù gli rispose: «Va', tuo figlio vive». Quell'uomo credette alla parola che Gesù gli aveva detto e si mise in cammino. Proprio mentre scendeva, gli vennero incontro i suoi servi a dirgli: «Tuo figlio vive!». Volle sapere da loro a che ora avesse cominciato a star meglio. Gli dissero: «Ieri, un'ora dopo mezzogiorno, la febbre lo ha lasciato». Il padre riconobbe che proprio a quell'ora Gesù gli aveva detto: «Tuo figlio vive», e credette lui con tutta la sua famiglia. Questo fu il secondo segno, che Gesù fece quando tornò dalla Giudea in Galilea.…
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Liturgia della Settimana - Il Commento e il Vangelo del giorno
“Così dice il Signore: «Ecco, io creo nuovi cieli e nuova terra; non si ricorderà più il passato, non verrà più in mente, poiché si godrà e si gioirà sempre di quello che sto per creare, poiché creo Gerusalemme per la gioia, e il suo popolo per il gaudio. Io esulterò di Gerusalemme, godrò del mio popolo. Non si udranno più in essa voci di pianto, grida di angoscia”. Ecco come con secoli di anticipo il profeta Isaia preannuncia una Pasqua in Gerusalemme, nella Chiesa di Dio, per noi che crediamo nella risurrezione e speriamo in Cristo e nella infinita misericordia di Dio. Subito il salmista ci aiuta a dargli lode: “Ti esalterò, Signore, perché mi hai risollevato”; ringraziamo per le nostre rinascite e per tutte le nostre risurrezioni. Ci viene da pensare che quello che il Signore promette in ogni tempo, quello che è il suo progetto, quello che egli vuole per noi, non soltanto si realizza e compie puntualmente, ma perfino che tutto viva nel presente di Dio, nella sua storia, che esula dai nostri calendari in una continuità di incessante amore. Un bell’esempio ci viene dal Vangelo odierno. Un funzionario del re, un pagano diremmo noi, chiede a Gesù di scendere nella sua casa a guarire suo figlio, perché sta per morire. Gesù è la Vita, è il vincitore della morte, è medico e medicina per ogni malattia. Chiede però l’indispensabile apporto della nostra fede e quando la vede e la sente con la costante invocazione, anche dal funzionario, compie il prodigio, concede la grazia. Egli infatti crede alla parola di Gesù, sa che quello che egli ha detto è già fatto: e ne ha conferma: mentre scendeva, gli vengono incontro i suoi servi a dirgli: «Tuo figlio vive!». Ecco che ancora una volta l’autore della Vita, colui che è il risorto, dona vita, fa tornare la gioia, spegne nel nostro mondo le voci di pianto e le grida di angoscia. Rimane però sempre vero che la vita vera, la vita non soltanto del corpo, ma anche dell’anima, è frutto di un martirio e di un amore che è giunto fino alla morte di croce: Gesù ne è l’autore, ma chiede a noi in modi e momenti diversi, di unirci a quella sua passione per fondere nel migliore compimento il suo martirio con il nostro. Così la nostra fede si sublima nella migliore comunione e così diventiamo partecipi dei doni di Dio. Pregare senza stancarsi mai.…
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Liturgia della Settimana - Il Commento e il Vangelo del giorno
In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». Ed egli disse loro questa parabola: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: "Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta". Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: "Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati". Si alzò e tornò da suo padre. Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: "Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio". Ma il padre disse ai servi: "Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l'anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato". E cominciarono a far festa. Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: "Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo". Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: "Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso". Gli rispose il padre: "Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato"».…
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Liturgia della Settimana - Il Commento e il Vangelo del giorno
Oggi, quasi anticipando la gioia di Pasqua, il Signore Gesù ci svela, con la parabola più bella e amata del Vangelo, il Padre misericordioso e il figlio che ritorna, l’irrefrenabile misericordia e l’amore incessante che nutre per ciascuno di noi, la sua paziente e trepida attesa, il suo sguardo che arriva lontano fino al pascolo dei porci e diventa potente attrazione che richiama e converte: «Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò». Dopo la recuperata figliolanza, segue la gioiosa celebrazione conviviale, che segna il pieno reinserimento nella casa paterna: «Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato». E cominciarono a far festa. I momenti oscuri vengono così cancellati, cominciando da quel triste: «Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta». Viene redento il peccato antico e sempre attuale: quello di reclamare una libertà piena e incondizionata, uscire dalla casa paterna, dall’ambito del suo amore, nella facile illusione di poter sperimentare l’ebbrezza di una supremazia che annulla ogni dipendenza. Ci ricorda tanto il momento fatale in cui i nostri progenitori hanno teso la mano per prendere e mangiare il frutto dell’albero proibito. Oggi come allora, il Signore, buon pastore, si mette alla ricerca della pecora smarrita ovunque e comunque si sia persa. La certezza di non restare mai soli, di essere anzi cercati, fa nascere quella speranza e quel ripensamento come primo moto verso la conversione: «Io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio». La consapevolezza di aver sperperato malamente i doni preziosi fa sperare di poter essere accolto soltanto come uno dei salariati. Il Signore, però, non ci vuole come salariati: in forza dello Spirito, non siamo più schiavi, ma figli. E se siamo figli, siamo anche eredi. Così vuole Dio. Che meraviglia! Dopo il peccato, siamo stati accolti, baciati, rivestiti, nutriti e festeggiati: «Se uno è in Cristo, è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove» e, ancor più: «Ci sarà più gioia in cielo per un peccatore convertito, che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione». Abbiamo iniziato la Quaresima con un invito: «Convertitevi e credete al Vangelo»; ora sappiamo che la via alla conversione è più facile solo se confidiamo nella divina misericordia. Mi alzerò……
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Liturgia della Settimana - Il Commento e il Vangelo del giorno
In quel tempo, Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l'intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri: «Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l'altro pubblicano. Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: "O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo". Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: "O Dio, abbi pietà di me peccatore". Io vi dico: questi, a differenza dell'altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».…
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Liturgia della Settimana - Il Commento e il Vangelo del giorno
«Venite, ritorniamo al Signore: egli ci ha straziato ed egli ci guarirà. Egli ci ha percosso ed egli ci fascerà. Dopo due giorni ci ridarà la vita e il terzo ci farà rialzare, e noi vivremo alla sua presenza. Affrettiamoci a conoscere il Signore, la sua venuta è sicura come l’aurora». La Quaresima è il tempo del ritorno, della conversione. «Signore, tu mi scruti e mi conosci, tu sai quando seggo e quando mi alzo. Penetri da lontano i miei pensieri». Quando pregate, non siate simili agli ipocriti che amano pregare per essere visti dagli uomini. Tu, prega il Padre tuo nel segreto, e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà. È bello pensare e credere che la preghiera vera è un ritorno che fascia le ferite, che ci ridà vita, che ci fa risorgere dopo “due giorni” in una meravigliosa aurora pasquale. La povertà, l’indigenza spirituale, le nostre fragilità e l’urgenza di Dio ci muovono alla preghiera pura e sincera. L’ostacolo che invece vanifica la preghiera è l’intima presunzione di essere giusti e disprezzare gli altri; l’autosufficienza è di coloro che credono di avere in se stessi il dio. Ben li rappresenta la voce stentorea del fariseo che, stando in piedi, credeva di pregare dicendo: «O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adulteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo». Un vantarsi soltanto di se stesso, un giudice degli altri, incapace di scrutare la propria coscienza, sazio del proprio bene tutto formale ed esteriore: un bene senz’anima. Ecco invece la voce umile e sommessa del pubblicano che, fermatosi umilmente a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: «O Dio, abbi pietà di me peccatore». Appaiono chiari gli elementi che rendono la preghiera preziosa e accetta agli occhi di Dio: l’orante rispetta la “distanza” come segno di ossequio, non osa alzare gli occhi, è sinceramente umile, si batte il petto; concorrono fede, devozione, contrizione e confessione. Sono i motivi per cui il pubblicano, a differenza del fariseo, tornò a casa sua giustificato, perché, ecco la conclusione del Signore: «Chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato». La Madre del Signore ci conferma quanto sia accetta al Padre celeste la virtù che gli consente di operare grandi cose! Dio «Ha guardato l’umiltà della sua serva». Umili e pentiti.…
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Liturgia della Settimana - Il Commento e il Vangelo del giorno
In quel tempo, si avvicinò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?». Gesù rispose: «Il primo è: "Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l'unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza". Il secondo è questo: "Amerai il tuo prossimo come te stesso". Non c'è altro comandamento più grande di questi». Lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità, che Egli è unico e non vi è altri all'infuori di lui; amarlo con tutto il cuore, con tutta l'intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocàusti e i sacrifici». Vedendo che egli aveva risposto saggiamente, Gesù gli disse: «Non sei lontano dal regno di Dio». E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo.…
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Liturgia della Settimana - Il Commento e il Vangelo del giorno
«Se il mio popolo mi ascoltasse! Se Israele camminasse per le mie vie! Lo nutrirei con fiore di frumento, lo sazierei con miele dalla roccia». «Torna, Israele, al Signore, tuo Dio, poiché hai inciampato nella tua iniquità. Tornate al Signore; ditegli: “Togli ogni iniquità, accetta ciò che è bene: la lode delle nostre labbra”». La liturgia di oggi ci invita sin dall’inizio all’ascolto e a un sincero pentimento, condizioni indispensabili per accogliere e vivere il comandamento nuovo che Gesù ci dona. «Uno degli scribi gli domandò: “Qual è il primo di tutti i comandamenti?”. Gesù rispose: “Il primo è: ‘Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza’. Il secondo è questo: ‘Amerai il tuo prossimo come te stesso’”». Per comprendere e vivere l’amore, il primo dono da chiedere è il recupero dell’ascolto: attraverso la Parola possiamo riprendere il dialogo con Dio e dissipare gli errori che si annidano in noi. La Verità ci rende liberi di amare Dio e il prossimo, ma dobbiamo attingere alla Fonte: «Io sono la vite vera, rimanete in me e io in voi. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli». I discepoli di Emmaus, inizialmente delusi e amareggiati, illuminati dal Risorto esclamano: «Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture?». La Parola di Dio infonde Verità, fa ardere il cuore, illumina nel pane spezzato, rende la nostra vita feconda e ci apre all’amore con tutto il cuore, l’anima, la mente e le forze. È un germoglio prezioso che cresce in noi se siamo accoglienti dello Spirito, la meravigliosa linfa che ci rende capaci di accogliere l’Amore per poi viverlo e donarlo. Sappiamo che questa linfa è sgorgata dalla croce, un effluvio che entra nei cuori e crea una catena d’oro che unisce Cielo e terra, la Trinità beata con noi suoi figli, e noi con il Padre in una fraternità autentica. Amare Dio per vivere……
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Liturgia della Settimana - Il Commento e il Vangelo del giorno
In quel tempo, Gesù stava scacciando un demonio che era muto. Uscito il demonio, il muto cominciò a parlare e le folle furono prese da stupore. Ma alcuni dissero: «È per mezzo di Beelzebùl, capo dei demòni, che egli scaccia i demòni». Altri poi, per metterlo alla prova, gli domandavano un segno dal cielo. Egli, conoscendo le loro intenzioni, disse: «Ogni regno diviso in se stesso va in rovina e una casa cade sull'altra. Ora, se anche satana è diviso in se stesso, come potrà stare in piedi il suo regno? Voi dite che io scaccio i demòni per mezzo di Beelzebùl. Ma se io scaccio i demòni per mezzo di Beelzebùl, i vostri figli per mezzo di chi li scacciano? Per questo saranno loro i vostri giudici. Se invece io scaccio i demòni con il dito di Dio, allora è giunto a voi il regno di Dio. Quando un uomo forte, bene armato, fa la guardia al suo palazzo, ciò che possiede è al sicuro. Ma se arriva uno più forte di lui e lo vince, gli strappa via le armi nelle quali confidava e ne spartisce il bottino. Chi non è con me è contro di me, e chi non raccoglie con me, disperde».…
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Liturgia della Settimana - Il Commento e il Vangelo del giorno
«Questa è la nazione che non ascolta la voce del Signore, suo Dio, né accetta la correzione. La fedeltà è sparita, è stata bandita dalla loro bocca». Con queste parole Geremia rimprovera il suo popolo, un ammonimento che risuona di straordinaria attualità. È lo stesso rimprovero che Gesù rivolge ai suoi avversari, sordi alla verità, dopo l’assurda accusa: «È per mezzo di Beelzebùl, capo dei demoni, che egli scaccia i demoni». Un’accusa blasfema e opposta a ciò che sta realmente accadendo, ovvero la missione redentrice e salvifica del Messia: «È giunto a voi il regno di Dio». Questo significa lanciare la sfida a un potere terreno che si illude di identificarsi con quello divino. Ma i nemici del Signore rifiutano di comprendere che, quando arriva uno più forte, non solo scaccia i demoni, ma strappa via le armi nelle quali essi confidavano e annienta il loro falso potere. Dice il Signore: «Ecco, faccio una cosa nuova; proprio ora germoglia; non ve ne accorgete?». Molti credenti dei primi secoli hanno dato la vita per affermare che anche l’imperatore è sottomesso a un potere infinitamente più grande del suo. Non accorgersi del Signore, non accettarlo, è il peccato che si ripete con incredibile ostinazione nella storia: significa non vedere e non ascoltare ciò che il Battista proclamava: «Ecco l’Agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo!». È anche la tentazione di pensare che il male stia trionfando. Ma Gesù, vero Signore della storia, ci illumina: «Chi non è con me è contro di me, e chi non raccoglie con me, disperde». La dispersione, il male e ogni ingiustizia non vengono da Dio, ma dal maligno, che come gramigna invade il campo. Ecco allora la via del ritorno e della conversione: «Or dunque - parola del Signore - ritornate a me con tutto il cuore, con digiuni, con pianti e lamenti». Laceriamo il cuore, non le vesti, e torniamo al Signore con sincerità. Celebriamo con fervore la santa Quaresima e incamminiamoci fiduciosi verso la Pasqua. Dio al primo posto.…
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