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Lo Zen E Il Tiro Con L'Arco - Eugen Herrigel #91

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EPISODIO 91-

LO ZEN E IL TIRO CON L'ARCO - EUGEN HERRIGEL

Finalmente puoi ordinare il mio libro - 7 COLPI DI MACHETE https://www.amazon.it/Sette-colpi-di-machete/dp/B0CN8HYRT3/

SITO: www.libriperilsuccesso.com

COACHING: https://libriperilsuccesso.com/migliora/

Im Dong-Hyun, è un atleta della corea sud, è stato per un periodo il numero 1 al mondo nella disciplina del tiro con l’arco. Ha partecipato a tre olimpiadi vincendo l’oro a squadre, e ha battuto diversi record. Durante le olimpiadi di Londra nel 2012 ha stabilito un record di 699 punti con 72 frecce. Non ho ben chiaro che cazzo significa in termini pratici ma pare essere un qualcosa di formidabile.

Cosa rende questo arciere particolare? è praticamente cieco. E attenzione io ho detto olimpiadi non para-olimpiadi.

Lui distingue i colori, soprattuto il giallo che è il colore che si trova al centro del bersaglio. Questo non riconosce i volti, vede delle forme, ma a 70 metri riesce a distinguere e percepire debolmente il colore giallo del centro.

La domanda è la solita, come cazzo fa uno che è non vedente al 90% da un occhio e all’80% dall’altro a diventare per un periodo il numero uno al mondo nella disciplina del tiro con l’arco. Come cazzo fa? Come fai a non innamorarti di storie del genere.

Questo è libri per il successo- crescita personale da strada, siamo all’appuntamento 91, sono tornato, dopo qualche mese di pausa. Questo episodio ha molto a che fare con il fatto che mi sia fermato e vi racconterò i motivi di questo blocco di questa assenza.

Ero in volo da Shangai a Roma, e ho letto un piccolissimo libro di Eugen Herrigel, un tedesco, professore di filosofia, tra l’altro ha insegnato questa materia anche a Heidelberg.

Si intitola lo zen e il tiro con l’arco.

Oggi usiamo la parola ZEN in maniera insensata, credo che siamo immersi in una superficialità impressionante, uno sente una cosa, legge un titolo di giornale o vede un post o un reel su Instagram o Facebook e crede di avere tutte le informazioni necessarie per parlare di quell’argomento, l’ignorante sa molto, l’intelligente sa poco il saggio non sa niente, l’imbecille sa sempre tutto. la realtà è che nessuno sa un cazzo, ma tutti parlano di tutto, lo trovo drammatico. Fatto sta che sento spesso dire questa persona è molto zen, MA VAFFANCULO.

Che vuol dire raggiungere lo Zen, come si pratica, come possiamo noi persone occidentali con una vita frenetica e molto simile a un criceto su una ruota che gira sempre sullo stesso posto, come possiamo applicarlo, e inserire nella nostra esistenza un metodo, un modello di pensiero di approccio nuovo, che possa poi estendersi e contagiare altre aree della nostra esistenza. Rimaniamo dove siamo, ma cambiamo il modo di vedere quello che ci circonda, questo è l’obiettivo di oggi.

Prendiamo spunto dal libro lo zen e il tiro con l’arco di Eugen Herrigel

Il caro Eugen nel 1924, quindi un secolo fa, ebbe la possibilità di trasferirsi in Giappone per insegnare filosofia all’università imperiale di Sendai, e visto il suo grande interesse per il mondo e la cultura orientale e lo Zen decise nel tempo libero insieme a sua moglie di dedicarsi a questo e lo fece attraverso una delle discipline più mistiche del Giappone, il tiro con l’arco, una dottrina che in giapponese si chiama Kyudo.

Ora dobbiamo comprendere che qui si parla di disciplina non di sport, in senso tradizionale, questa è un arte marziale, trascende dalla battaglia, un rito, non è mirata a una competizione al raggiungimento di un risultato, l’arciere prende di mira se stesso, è una questione di vita o morte, di crescita di evoluzione.

E lo zen si può raggiungere affidandosi a dei maestri che ti accompagnano in attività come appunto il tiro con l’arco, ma ce anche la spada, o l’arte della disposizione dei fiori, ognuna di queste non ha un fine esteriore bensì interiore, ed è un mezzo per arrivare a raggiungere un distacco una coscienza e una consapevolezza che può successivamente diventare parte dell’identità della persona che si prende la briga di dedicare degli anni a un processo del genere.

L’uomo occidentale davanti a questi concetti rimane di sasso, non capisce perché non dovrebbe esserci un risultato un premio un punto di arrivo, è un libro estremamente difficile da comprendere per una mente abituata ad arrivare da qualche parte. Vedete lessi da qualche parte una frase, l’uomo occidentale quando vede un fiore meraviglioso tende a raccoglierlo, quello orientale ad ammirarlo.

un arte senz’arte, a un tiro che non è un tiro, e l’arciere diventa sia la freccia sia il bersaglio, il maestro diventa allievo, l’allievo diventa il maestro. Il principio la fine, la fine il principio. tutto si concentra in un unica essenza, è disorientante. Non si capisce un cazzo se lo leggi, lo capisci se lo fai. Alcuni principi nella vita si possono comprendere solo con l’esperienza.

L’arco e la freccia sono dei mezzi, e di mezzi ce ne tanti e ognuno di noi può trovare il suo anche subito, deve essere qualunque cosa che non abbia un fine, ma che richieda un processo di apprendimento, un rituale. Delle ripetizione, fare tante volte la stessa cosa lo stesso processo fino a diventarne parte.

Il libro racconta 6 anni di esercizi e di apprendimento di quest’arte. Personalmente mi ha permesso di sbloccarmi e tornare alle origini del mio progetto. Perché avevo sbagliato strada, sai anche se non te accorgi se sposti di un minimo la tua direzione in un viaggio lungo poi ti ritrovi parecchio fuori strada.

Se un aereo si sposta di un grado in un viaggio di 10 mila chilometri può finire tranquillamente in un paese diverso da quello che era la sua destinazione, ma senza manco accorgersene. Ecco sono andato un pò alla deriva dopo la pubblicazione del libro 7 colpi di machete. Ho avuto un periodo mediatico, presentazioni firme dei libri foto, richieste di qui e di li, radio televisione…e sapete che sia è successo, che invece di dire, ecco finalmente 4 anni di lavoro sono arrivati a centrare il bersaglio, io ero quella freccia scagliata verso un punto e ora è il mio momento.

Cosi mi hanno detto tutti quelli che avevo intorno, vai spingi prendi tutto. a me ha creato un effetto diverso, mi son sentito sballotato, snaturato e molto lontano da quello che era il mio reale obiettivo, e sapete qual era? Nessuno, questo è progetto che per me non richiede un punto di arrivo, è il mio tiro con l’arco e ha avuto degli effetti impressionanti sulla mia esistenza fare il podcast, e andare avanti per la direzione che stava prendendo il progetto significava trovarmi in un posto che non è il mio.

Per tanto invece di battere il ferro finché era caldo di approfittare quell’onda, mi sono fermato, mi sono rifugiato dei mesi a riflettere e poi come spesso capita mi trovo in mano un libro che prende le vesti di un messaggero mi fa capire quello che sta succedendo. Ora posso tornare a dedicarmi al processo, che è quello che voglio. Rimanere uno studente.

Herrigel viene accettato da uno dei maestri più famosi del Giappone Kenzo Awa. O ava, o che cazzo ne so io come si pronuncia. Dunque l’arco giapponese è un bel dito in culo, perché è lungo circa due metri, e se tirato al massimo richiede una forza e una tecnica molto precisa per tenerlo in mano, tra l’altro viene sostenuto sopra la testa non è come il tiro che vedete solitamente dove l’arco quando scocca la sua freccia viene tenuto all’altezza delle spalle nella dottrina del Kyudo si tiene in alto l’arco ecco perché è cosi importante imparare a tenderlo nel modo giusto, altrimenti diventa uno sforzo insostenibile.

Richiede una serie di accorgimenti per arrivare a un punto dove si utilizza senza sforzo, se ti stai sforzando non sei sulla strada giusta, va fatto con la massima naturalità, il maestro dice- diventa come l’acqua che adeguandosi a tutto, a tutto è adatta. Questa frase mi ha colpito particolarmente, adeguati a tutto e tutto diventa adatto a te.

La dottrina del tiro con l’arco la domini quando il tiro diventa un non tiro, quando arrivi a scoccare la freccia senza pensarci, senza nessun tipo di sforzo ne tanto mento pensando all’esecuzione o al bersaglio, diventa un atto totalmente naturale.

Il libro racconta gli stenti i sacrifici la difficoltà di arrivare a un certo livello nella dottrina, durante la lettura si estrapolano tantissimi messaggi tante lezioni ed eccone alcune.

un giorno l’allievo scocca un tiro semi perfetto, respirazione, precisione naturalità, e il maestro gli dice due cose che ho ritrovato spesso nella mia vita nel mio percorso, la prima è quella di non esaltarsi ne di credere di essere diventato bravo quando vivi un successo ma al tempo stesso non sentiti una merda se vivi una sconfitta, sei sempre la stessa persona quello che conta è il processo che metti in atto, e successivamente gli dice se devi percorrere 100 miglia, quando arrivi a 90 miglia sei a metà. E questo è un dato di fatto, l’ultimo scalino di qualunque attività quello che ti porta alla perfezione all’arte senza’arte al tiro senza tirare richiede esattamente lo stesso livello di tempo e sforzo che tutto quello che hai fatto fino a quel momento. Arrivato a 90 Sei solo a metà.

Un’ulteriore lezione è l’importanza di un rituale di connessione prima della vostra attività, può essere preparare il materiale pulirlo e tenerlo pronto, se dovete scrivere per esempio sistemare la scrivania lasciare solo lo stretto necessario, prepararvi un bel caff e poi mettervi sotto, un rituale preparatorio all’azione. Che vi connetti con quello che state per fare, un modo di entrare nelle giuste frequenze, una meditazione pratica. Un pò di respiro prima di partire.

Ma per quanto mi riguarda la lezione più cruciale di questo libro è il totale distaccamento dal risultato finale, per me è miracoloso quello che succede quando vivi senza l’ansia del risultato.

e vi propongo un esercizio. Trovate un attivista dissociata da un risultato, sceglietela voi, quando parlo di risultato intendo un obiettivo finale, devo perdere chili devo guadagnare soldi devo devo devo, no processo, perché se l’esecuzione del processo è corretta la freccia arriva al bersaglio, o meglio il bersaglio arriva alla freccia.

puoi imparare a suonare il violono, a curare dei bonsai, a imparare a fare l’uncinetto, qualunque cosa che ti permetta di partire da zero, di imparare e perfezionare un processo senza l’ansia del risultato dei tempi ne pressioni di nessun tipo, magari affidando a un maestro un insegnante o anche da soli, l’importante è trovare in una vita cosi frenetica e devota al risultato all’immagine estetica e materialistica al conto in banca alla posizione trovare qualcosa che trascenda tutto questo e vi insegni sulla pelle come potete ottenere un cambiamento iniziando a fare qualcosa senza la necessità di arrivare da nessuna parte. Non sottovalutatelo.

E quando vi dico che il podcast ha significato questo per me ho un motivo pensate che negli ultimi mesi oltre a questo blocco che ha chiuso un ciclo con il libro e mi ha richiesto del tempo per ossigenarmi ho avuto un trasloco internazionale e un cambio di lavoro, di carriera, due eventi estremamente importanti e sapete cosa è successo, nulla, entrambi sono state freccie o bersagli che sono arrivati in maniera naturale senza sforzo ne resistenze o attriti, vi assicuro che 4 anni fa senza avere questa esperienza del processo del podcast io avrei vissuto questi eventi in maniera molto più traumatica, ansiosa, nervosa, distruttiva, e il distacco dal risultato che ormai è parte della mia identità ha contagiato anche le altre aree della mia vita.

Per quello vi consiglio di trovare qualcosa pre 2-3-4 anni che portate avanti in silenzio in maniera discreta personale intima, e che vi porti a prefazionare un arte senza la necessità di ottener e qualcosa, e quello che accadrà è proprio il contrario otterremo tutto, un metodo un modello e una sicurezza in voi stessi

Vedete quando un uccellino si appoggia a un ramo non ha paura che il ramo si spezzi, lo diceva un famoso psicologo spagnolo, l’uccellino fa affidamento sulle sue ali, non sul ramo, noi invece facciamo il contrario pensiamo costantemente al ramo, Oddio se si rompe oddio cosa farà non posso spostarmi perché ora pare che regga e ci dimentichiamo completamente di avere delle ali, lasciamo passare opportunità per la para di cadere, non cambiamo situazioni drammatiche che viviamo a livello personale o professionale, per quello è fondamentale ritrovare quella connessione con le ali, col distaccamento dal risultato ma con l’immersione nel processo che ci permette di spostarci da un ramo all’altro facendo affidamento su noi stessi e non sulla stabilità del ramo, è arrivato il momento di spiccare il volo.

Grazie

MUSICA: 'Helios' by Scott Buckley - released under CC-BY 4.0. www.scottbuckley.com.au

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LO ZEN E IL TIRO CON L'ARCO - EUGEN HERRIGEL

Finalmente puoi ordinare il mio libro - 7 COLPI DI MACHETE https://www.amazon.it/Sette-colpi-di-machete/dp/B0CN8HYRT3/

SITO: www.libriperilsuccesso.com

COACHING: https://libriperilsuccesso.com/migliora/

Im Dong-Hyun, è un atleta della corea sud, è stato per un periodo il numero 1 al mondo nella disciplina del tiro con l’arco. Ha partecipato a tre olimpiadi vincendo l’oro a squadre, e ha battuto diversi record. Durante le olimpiadi di Londra nel 2012 ha stabilito un record di 699 punti con 72 frecce. Non ho ben chiaro che cazzo significa in termini pratici ma pare essere un qualcosa di formidabile.

Cosa rende questo arciere particolare? è praticamente cieco. E attenzione io ho detto olimpiadi non para-olimpiadi.

Lui distingue i colori, soprattuto il giallo che è il colore che si trova al centro del bersaglio. Questo non riconosce i volti, vede delle forme, ma a 70 metri riesce a distinguere e percepire debolmente il colore giallo del centro.

La domanda è la solita, come cazzo fa uno che è non vedente al 90% da un occhio e all’80% dall’altro a diventare per un periodo il numero uno al mondo nella disciplina del tiro con l’arco. Come cazzo fa? Come fai a non innamorarti di storie del genere.

Questo è libri per il successo- crescita personale da strada, siamo all’appuntamento 91, sono tornato, dopo qualche mese di pausa. Questo episodio ha molto a che fare con il fatto che mi sia fermato e vi racconterò i motivi di questo blocco di questa assenza.

Ero in volo da Shangai a Roma, e ho letto un piccolissimo libro di Eugen Herrigel, un tedesco, professore di filosofia, tra l’altro ha insegnato questa materia anche a Heidelberg.

Si intitola lo zen e il tiro con l’arco.

Oggi usiamo la parola ZEN in maniera insensata, credo che siamo immersi in una superficialità impressionante, uno sente una cosa, legge un titolo di giornale o vede un post o un reel su Instagram o Facebook e crede di avere tutte le informazioni necessarie per parlare di quell’argomento, l’ignorante sa molto, l’intelligente sa poco il saggio non sa niente, l’imbecille sa sempre tutto. la realtà è che nessuno sa un cazzo, ma tutti parlano di tutto, lo trovo drammatico. Fatto sta che sento spesso dire questa persona è molto zen, MA VAFFANCULO.

Che vuol dire raggiungere lo Zen, come si pratica, come possiamo noi persone occidentali con una vita frenetica e molto simile a un criceto su una ruota che gira sempre sullo stesso posto, come possiamo applicarlo, e inserire nella nostra esistenza un metodo, un modello di pensiero di approccio nuovo, che possa poi estendersi e contagiare altre aree della nostra esistenza. Rimaniamo dove siamo, ma cambiamo il modo di vedere quello che ci circonda, questo è l’obiettivo di oggi.

Prendiamo spunto dal libro lo zen e il tiro con l’arco di Eugen Herrigel

Il caro Eugen nel 1924, quindi un secolo fa, ebbe la possibilità di trasferirsi in Giappone per insegnare filosofia all’università imperiale di Sendai, e visto il suo grande interesse per il mondo e la cultura orientale e lo Zen decise nel tempo libero insieme a sua moglie di dedicarsi a questo e lo fece attraverso una delle discipline più mistiche del Giappone, il tiro con l’arco, una dottrina che in giapponese si chiama Kyudo.

Ora dobbiamo comprendere che qui si parla di disciplina non di sport, in senso tradizionale, questa è un arte marziale, trascende dalla battaglia, un rito, non è mirata a una competizione al raggiungimento di un risultato, l’arciere prende di mira se stesso, è una questione di vita o morte, di crescita di evoluzione.

E lo zen si può raggiungere affidandosi a dei maestri che ti accompagnano in attività come appunto il tiro con l’arco, ma ce anche la spada, o l’arte della disposizione dei fiori, ognuna di queste non ha un fine esteriore bensì interiore, ed è un mezzo per arrivare a raggiungere un distacco una coscienza e una consapevolezza che può successivamente diventare parte dell’identità della persona che si prende la briga di dedicare degli anni a un processo del genere.

L’uomo occidentale davanti a questi concetti rimane di sasso, non capisce perché non dovrebbe esserci un risultato un premio un punto di arrivo, è un libro estremamente difficile da comprendere per una mente abituata ad arrivare da qualche parte. Vedete lessi da qualche parte una frase, l’uomo occidentale quando vede un fiore meraviglioso tende a raccoglierlo, quello orientale ad ammirarlo.

un arte senz’arte, a un tiro che non è un tiro, e l’arciere diventa sia la freccia sia il bersaglio, il maestro diventa allievo, l’allievo diventa il maestro. Il principio la fine, la fine il principio. tutto si concentra in un unica essenza, è disorientante. Non si capisce un cazzo se lo leggi, lo capisci se lo fai. Alcuni principi nella vita si possono comprendere solo con l’esperienza.

L’arco e la freccia sono dei mezzi, e di mezzi ce ne tanti e ognuno di noi può trovare il suo anche subito, deve essere qualunque cosa che non abbia un fine, ma che richieda un processo di apprendimento, un rituale. Delle ripetizione, fare tante volte la stessa cosa lo stesso processo fino a diventarne parte.

Il libro racconta 6 anni di esercizi e di apprendimento di quest’arte. Personalmente mi ha permesso di sbloccarmi e tornare alle origini del mio progetto. Perché avevo sbagliato strada, sai anche se non te accorgi se sposti di un minimo la tua direzione in un viaggio lungo poi ti ritrovi parecchio fuori strada.

Se un aereo si sposta di un grado in un viaggio di 10 mila chilometri può finire tranquillamente in un paese diverso da quello che era la sua destinazione, ma senza manco accorgersene. Ecco sono andato un pò alla deriva dopo la pubblicazione del libro 7 colpi di machete. Ho avuto un periodo mediatico, presentazioni firme dei libri foto, richieste di qui e di li, radio televisione…e sapete che sia è successo, che invece di dire, ecco finalmente 4 anni di lavoro sono arrivati a centrare il bersaglio, io ero quella freccia scagliata verso un punto e ora è il mio momento.

Cosi mi hanno detto tutti quelli che avevo intorno, vai spingi prendi tutto. a me ha creato un effetto diverso, mi son sentito sballotato, snaturato e molto lontano da quello che era il mio reale obiettivo, e sapete qual era? Nessuno, questo è progetto che per me non richiede un punto di arrivo, è il mio tiro con l’arco e ha avuto degli effetti impressionanti sulla mia esistenza fare il podcast, e andare avanti per la direzione che stava prendendo il progetto significava trovarmi in un posto che non è il mio.

Per tanto invece di battere il ferro finché era caldo di approfittare quell’onda, mi sono fermato, mi sono rifugiato dei mesi a riflettere e poi come spesso capita mi trovo in mano un libro che prende le vesti di un messaggero mi fa capire quello che sta succedendo. Ora posso tornare a dedicarmi al processo, che è quello che voglio. Rimanere uno studente.

Herrigel viene accettato da uno dei maestri più famosi del Giappone Kenzo Awa. O ava, o che cazzo ne so io come si pronuncia. Dunque l’arco giapponese è un bel dito in culo, perché è lungo circa due metri, e se tirato al massimo richiede una forza e una tecnica molto precisa per tenerlo in mano, tra l’altro viene sostenuto sopra la testa non è come il tiro che vedete solitamente dove l’arco quando scocca la sua freccia viene tenuto all’altezza delle spalle nella dottrina del Kyudo si tiene in alto l’arco ecco perché è cosi importante imparare a tenderlo nel modo giusto, altrimenti diventa uno sforzo insostenibile.

Richiede una serie di accorgimenti per arrivare a un punto dove si utilizza senza sforzo, se ti stai sforzando non sei sulla strada giusta, va fatto con la massima naturalità, il maestro dice- diventa come l’acqua che adeguandosi a tutto, a tutto è adatta. Questa frase mi ha colpito particolarmente, adeguati a tutto e tutto diventa adatto a te.

La dottrina del tiro con l’arco la domini quando il tiro diventa un non tiro, quando arrivi a scoccare la freccia senza pensarci, senza nessun tipo di sforzo ne tanto mento pensando all’esecuzione o al bersaglio, diventa un atto totalmente naturale.

Il libro racconta gli stenti i sacrifici la difficoltà di arrivare a un certo livello nella dottrina, durante la lettura si estrapolano tantissimi messaggi tante lezioni ed eccone alcune.

un giorno l’allievo scocca un tiro semi perfetto, respirazione, precisione naturalità, e il maestro gli dice due cose che ho ritrovato spesso nella mia vita nel mio percorso, la prima è quella di non esaltarsi ne di credere di essere diventato bravo quando vivi un successo ma al tempo stesso non sentiti una merda se vivi una sconfitta, sei sempre la stessa persona quello che conta è il processo che metti in atto, e successivamente gli dice se devi percorrere 100 miglia, quando arrivi a 90 miglia sei a metà. E questo è un dato di fatto, l’ultimo scalino di qualunque attività quello che ti porta alla perfezione all’arte senza’arte al tiro senza tirare richiede esattamente lo stesso livello di tempo e sforzo che tutto quello che hai fatto fino a quel momento. Arrivato a 90 Sei solo a metà.

Un’ulteriore lezione è l’importanza di un rituale di connessione prima della vostra attività, può essere preparare il materiale pulirlo e tenerlo pronto, se dovete scrivere per esempio sistemare la scrivania lasciare solo lo stretto necessario, prepararvi un bel caff e poi mettervi sotto, un rituale preparatorio all’azione. Che vi connetti con quello che state per fare, un modo di entrare nelle giuste frequenze, una meditazione pratica. Un pò di respiro prima di partire.

Ma per quanto mi riguarda la lezione più cruciale di questo libro è il totale distaccamento dal risultato finale, per me è miracoloso quello che succede quando vivi senza l’ansia del risultato.

e vi propongo un esercizio. Trovate un attivista dissociata da un risultato, sceglietela voi, quando parlo di risultato intendo un obiettivo finale, devo perdere chili devo guadagnare soldi devo devo devo, no processo, perché se l’esecuzione del processo è corretta la freccia arriva al bersaglio, o meglio il bersaglio arriva alla freccia.

puoi imparare a suonare il violono, a curare dei bonsai, a imparare a fare l’uncinetto, qualunque cosa che ti permetta di partire da zero, di imparare e perfezionare un processo senza l’ansia del risultato dei tempi ne pressioni di nessun tipo, magari affidando a un maestro un insegnante o anche da soli, l’importante è trovare in una vita cosi frenetica e devota al risultato all’immagine estetica e materialistica al conto in banca alla posizione trovare qualcosa che trascenda tutto questo e vi insegni sulla pelle come potete ottenere un cambiamento iniziando a fare qualcosa senza la necessità di arrivare da nessuna parte. Non sottovalutatelo.

E quando vi dico che il podcast ha significato questo per me ho un motivo pensate che negli ultimi mesi oltre a questo blocco che ha chiuso un ciclo con il libro e mi ha richiesto del tempo per ossigenarmi ho avuto un trasloco internazionale e un cambio di lavoro, di carriera, due eventi estremamente importanti e sapete cosa è successo, nulla, entrambi sono state freccie o bersagli che sono arrivati in maniera naturale senza sforzo ne resistenze o attriti, vi assicuro che 4 anni fa senza avere questa esperienza del processo del podcast io avrei vissuto questi eventi in maniera molto più traumatica, ansiosa, nervosa, distruttiva, e il distacco dal risultato che ormai è parte della mia identità ha contagiato anche le altre aree della mia vita.

Per quello vi consiglio di trovare qualcosa pre 2-3-4 anni che portate avanti in silenzio in maniera discreta personale intima, e che vi porti a prefazionare un arte senza la necessità di ottener e qualcosa, e quello che accadrà è proprio il contrario otterremo tutto, un metodo un modello e una sicurezza in voi stessi

Vedete quando un uccellino si appoggia a un ramo non ha paura che il ramo si spezzi, lo diceva un famoso psicologo spagnolo, l’uccellino fa affidamento sulle sue ali, non sul ramo, noi invece facciamo il contrario pensiamo costantemente al ramo, Oddio se si rompe oddio cosa farà non posso spostarmi perché ora pare che regga e ci dimentichiamo completamente di avere delle ali, lasciamo passare opportunità per la para di cadere, non cambiamo situazioni drammatiche che viviamo a livello personale o professionale, per quello è fondamentale ritrovare quella connessione con le ali, col distaccamento dal risultato ma con l’immersione nel processo che ci permette di spostarci da un ramo all’altro facendo affidamento su noi stessi e non sulla stabilità del ramo, è arrivato il momento di spiccare il volo.

Grazie

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