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Pas -de- memoire 

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Un classico nella storia universale della Danza - Le sacre du printemps di Igor Stravinsky – una coreografa diventata un’icona del teatro, e non solo, del Novecento – Pina Bausch – e “una rimessa in azione” della lettura che la Bausch diede dell’opera di Stravinsky.

Questo gioco di rimandi è il nodo attorno al quale si sviluppa una puntata di Moby Dick incentrata sulla danza contemporanea e sulla sua evoluzione nel corso dell’ultimo secolo.

Nella settimana in cui arriva a Lugano uno spettacolo nato dal e sul lavoro della Bausch e contemporaneamente si svolgono gli Swiss Dance Days, abbiamo voluto chiederci quale sia oggi il modo di reinterpretare il lavoro di un grande coreografo, se sia possibile rileggere in modo intelligente e interessante una coreografia del passato senza tradirla, o ancora come affrontare il problema di creare un archivio di una disciplina che per sua natura può trasmettersi solo da un corpo all’altro.

Domande a cui abbiamo cercato risposta insieme a uno storico della danza, Lorenzo Conti, un artista e performer, Marco D’Agostin e una giornalista e critica della danza, Francesca Rosso. Alle loro riflessioni legate o influenzate tutte in un modo o nell’altro dall’incontro con Pina Bausch, si aggiunge poi il ricordo di una ballerina Francesca Zaccaria che con la Bausch ha lavorato e che ha seguito da vicino la genesi di common ground[s], la nuova coreografia presentata a Lugano.

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Un classico nella storia universale della Danza - Le sacre du printemps di Igor Stravinsky – una coreografa diventata un’icona del teatro, e non solo, del Novecento – Pina Bausch – e “una rimessa in azione” della lettura che la Bausch diede dell’opera di Stravinsky.

Questo gioco di rimandi è il nodo attorno al quale si sviluppa una puntata di Moby Dick incentrata sulla danza contemporanea e sulla sua evoluzione nel corso dell’ultimo secolo.

Nella settimana in cui arriva a Lugano uno spettacolo nato dal e sul lavoro della Bausch e contemporaneamente si svolgono gli Swiss Dance Days, abbiamo voluto chiederci quale sia oggi il modo di reinterpretare il lavoro di un grande coreografo, se sia possibile rileggere in modo intelligente e interessante una coreografia del passato senza tradirla, o ancora come affrontare il problema di creare un archivio di una disciplina che per sua natura può trasmettersi solo da un corpo all’altro.

Domande a cui abbiamo cercato risposta insieme a uno storico della danza, Lorenzo Conti, un artista e performer, Marco D’Agostin e una giornalista e critica della danza, Francesca Rosso. Alle loro riflessioni legate o influenzate tutte in un modo o nell’altro dall’incontro con Pina Bausch, si aggiunge poi il ricordo di una ballerina Francesca Zaccaria che con la Bausch ha lavorato e che ha seguito da vicino la genesi di common ground[s], la nuova coreografia presentata a Lugano.

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