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“Real”, intervista alla regista Adele Tulli
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Fred Film Radio ha avuto il piacere di intervistare Adele Tulli, la regista di “Real”, presentato nella sezione Cineasti del Presente al Locarno Film Festival. Durante l’intervista, Tulli ha condiviso il suo processo creativo, le scoperte fatte durante la realizzazione del film e le riflessioni sul mondo digitale che caratterizza le nostre vite oggi.
Un puzzle di realtà
Tulli ha spiegato che “Real” è stato realizzato utilizzando una modalità a collage, una tecnica che le permette di esplorare un tema da diversi punti di vista. “L’obiettivo,” dice la regista, “era raccontare le sfumature del nostro vivere iperconnesso, trovando storie che mettessero in luce vari aspetti di queste esistenze profondamente segnate dalla digitalità.”
Scoprendo la realtà virtuale
Uno degli elementi che ha colpito maggiormente Adele Tulli è stata la scoperta della community all’interno della piattaforma VRChat. “In VR,” racconta Adele Tulli, “le persone superano le barriere del corpo e dei confini geografici, creando una comunità accogliente e inclusiva, specialmente per chi si sente escluso nel mondo fisico, come membri della comunità LGBTQ o persone con disabilità.” Tulli sottolinea come questa esperienza le abbia fatto riflettere su “quanta tossicità esista nel mondo fisico e come, paradossalmente, la realtà virtuale possa offrire sollievo e autodeterminazione.”
Il contraltare della dipendenza
Adele Tulli ha inoltre esplorato l’altra faccia della medaglia della digitalità: la dipendenza dai social media. In “Real”, la regista mostra l’esperienza in una clinica dedicata a trattare questa dipendenza, rivelando come “troppa esposizione alla rete e agli spazi virtuali possa diventare una patologia.” Questo contrasto tra l’aspetto positivo della VR e i rischi legati all’abuso della tecnologia è centrale nel film e rappresenta una delle tante sfide dell’era digitale.
Isolati ma connessi
Uno dei temi più interessanti esplorati in “Real” è il paradosso dell’essere contemporaneamente isolati e iperconnessi. “Molte delle relazioni virtuali,” osserva Adele Tulli, “nascono da una sensazione di solitudine nel mondo fisico, ma allo stesso tempo creano comunità che offrono conforto.” Questo paradosso, secondo la regista, è “una chiave per comprendere la mutazione antropologica che stiamo vivendo.”
Una generazione sulla soglia
Essendo nata negli anni ’80, Adele Tulli si sente parte di una generazione che ha vissuto la transizione dal mondo analogico a quello digitale. “Siamo testimoni di un mondo che sta scomparendo,” afferma, riconoscendo il privilegio di poter osservare e interpretare i cambiamenti attraverso la lente del passato. Tuttavia, Tulli si sforza di mantenere una prospettiva equilibrata, evitando sia il tecnofobismo che la nostalgia, poiché crede che “la tecnologia offra strumenti e che sia la comunità a decidere come utilizzarli.”
Con “Real”, Adele Tulli non cerca di fornire risposte definitive, ma piuttosto di innescare interrogativi e riflessioni. Il film offre uno sguardo profondo e complesso sulle dinamiche della vita digitale e sulle sue implicazioni per la società moderna. Tulli è particolarmente curiosa di vedere come il film verrà accolto dalle diverse generazioni e spera che possa stimolare discussioni critiche sui temi cruciali del nostro tempo. Come dice la regista, “Il film è un invito a riflettere, a interrogarsi, e a comprendere meglio il mondo in cui viviamo.”
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Un puzzle di realtà
Tulli ha spiegato che “Real” è stato realizzato utilizzando una modalità a collage, una tecnica che le permette di esplorare un tema da diversi punti di vista. “L’obiettivo,” dice la regista, “era raccontare le sfumature del nostro vivere iperconnesso, trovando storie che mettessero in luce vari aspetti di queste esistenze profondamente segnate dalla digitalità.”
Scoprendo la realtà virtuale
Uno degli elementi che ha colpito maggiormente Adele Tulli è stata la scoperta della community all’interno della piattaforma VRChat. “In VR,” racconta Adele Tulli, “le persone superano le barriere del corpo e dei confini geografici, creando una comunità accogliente e inclusiva, specialmente per chi si sente escluso nel mondo fisico, come membri della comunità LGBTQ o persone con disabilità.” Tulli sottolinea come questa esperienza le abbia fatto riflettere su “quanta tossicità esista nel mondo fisico e come, paradossalmente, la realtà virtuale possa offrire sollievo e autodeterminazione.”
Il contraltare della dipendenza
Adele Tulli ha inoltre esplorato l’altra faccia della medaglia della digitalità: la dipendenza dai social media. In “Real”, la regista mostra l’esperienza in una clinica dedicata a trattare questa dipendenza, rivelando come “troppa esposizione alla rete e agli spazi virtuali possa diventare una patologia.” Questo contrasto tra l’aspetto positivo della VR e i rischi legati all’abuso della tecnologia è centrale nel film e rappresenta una delle tante sfide dell’era digitale.
Isolati ma connessi
Uno dei temi più interessanti esplorati in “Real” è il paradosso dell’essere contemporaneamente isolati e iperconnessi. “Molte delle relazioni virtuali,” osserva Adele Tulli, “nascono da una sensazione di solitudine nel mondo fisico, ma allo stesso tempo creano comunità che offrono conforto.” Questo paradosso, secondo la regista, è “una chiave per comprendere la mutazione antropologica che stiamo vivendo.”
Una generazione sulla soglia
Essendo nata negli anni ’80, Adele Tulli si sente parte di una generazione che ha vissuto la transizione dal mondo analogico a quello digitale. “Siamo testimoni di un mondo che sta scomparendo,” afferma, riconoscendo il privilegio di poter osservare e interpretare i cambiamenti attraverso la lente del passato. Tuttavia, Tulli si sforza di mantenere una prospettiva equilibrata, evitando sia il tecnofobismo che la nostalgia, poiché crede che “la tecnologia offra strumenti e che sia la comunità a decidere come utilizzarli.”
Con “Real”, Adele Tulli non cerca di fornire risposte definitive, ma piuttosto di innescare interrogativi e riflessioni. Il film offre uno sguardo profondo e complesso sulle dinamiche della vita digitale e sulle sue implicazioni per la società moderna. Tulli è particolarmente curiosa di vedere come il film verrà accolto dalle diverse generazioni e spera che possa stimolare discussioni critiche sui temi cruciali del nostro tempo. Come dice la regista, “Il film è un invito a riflettere, a interrogarsi, e a comprendere meglio il mondo in cui viviamo.”
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